Che qualche “problemino” in patria Putin lo avesse era cosa nota: solo così si spiegano, per esempio, le “epurazioni” che hanno colpito, nelle settimane scorse, alcuni vertici delle Forze Armate e dei Servizi Segreti, forse i due apparati più vicini al Presidente, nonché fondamentali per la Guerra che sta portando avanti ad un prezzo sempre maggiore.
Ma quanto si è verificato ieri potrebbe segnare una svolta, almeno per quanto concerne la sua credibilità interna.
Infatti, la Presidente della Banca Centrale Russa, Elvira Nabiullina, in una relazione che ha tenuta alla Duma, il Parlamento russo (e quindi non un posto qualunque), ha affermato che le “sanzioni hanno colpito in un primo momento il mercato finanziario anche se ora rischiano di avere un impatto ancora più forte sull’economia russa”. Secondo la Governatrice, “il periodo in cui l’economia russa possa vivere sulle scorte è limitato”. Un messaggio piuttosto forte, senz’altro inatteso per il Putin. Subito dopo l’inizio della Guerra, con l’avvio delle sanzioni da parte dell’occidente, erano girate con insistenza voci su presunte dimissioni dalla Presidente della Banca Centrale, subito smentite da Putin (la Nabiullina è in carica da 9 anni ed era ritenuta una “delfina” del Presidente russo, che infatti provvide alla sua nomina direttamente). Putin già ieri, prontamente, ha smentito le affermazioni del n. 1 della Banca Centrale, dichiarando che le sanzioni sono invece un boomerang per il mondo occidentale e che la Russia ha la forza per superare le difficoltà a cui le sanzioni la stanno sottoponendo (per la “cronaca”, PIL – 8,5%, inflazione + 17%, inflazione per alcuni generi alimentari (dallo scoppio della guerra) + 35%, borsa di Mosca – 41%). Senza contare che le previsioni “qualitative”, quelle cioè non “rilevate” dal PIL (mancanza di beni di consumo provenienti dall’occidente e viaggi all’estero oramai impossibili, solo per citare 2 esempi) sono forse ancora più catastrofiche, riportando lo stile di vita dei cittadini russi ai momenti più difficile dell’impero sovietico.
Appare evidente come la “frattura” tra la Governatrice centrale e il Presidente sia sempre più grande e destinata a lasciare delle conseguenze. In tutti i Paesi è valido il teorema che chi “governa” la politica monetaria debba essere indipendente da chi il Paese lo guida; ma è altresì noto come i due poteri si influenzino vicendevolmente e come spesso quello “politico” desideri controllare quello “monetario” e come, pertanto, siano tra di loro interconnessi. Diventa quindi difficile pensare che la collaborazione con la Nabiullina possa continuare a lungo: il rischio per Putin è che si crei un “fronte” di opposizione interno, in considerazione dell’autorevolezza di chi ha reso pubblico una preoccupazione che probabilmente comincia ad essere piuttosto diffusa in tutto il Paese e che la durata (e le difficoltà) del conflitto possono rendere di giorno in giorno più evidente. Ma, appunto in considerazione della credibilità, anche internazionale, della Presidente della Banca Centrale, Putin dovrà muoversi con cautela: provvedimenti “esemplari”, infatti, potrebbero rivelarsi un errore e aprire una “voragine” che potrebbe mettere a serio rischio la sua leadership.
Intanto anche la Banca Mondiale lancia l’allarme sul rallentamento della crescita globale, con il PIL rivisto al 3,2% rispetto al precedente 4,1%. Rallentamento che potrebbe ulteriormente aggravarsi alla luce delle notizie provenienti dalla Cina sulla situazione pandemica: ben 400ML di persone, distribuite in 45 città, infatti, sono tutt’ora in lockdown. Nei giorni scorsi hanno fatto il giro del mondo le forti proteste degli abitanti di Shanghai, l’agglomerato urbano più noto e forse più grande tra quelli colpiti dalle chiusure. L’impatto della città sull’intero PIL cinese è pari al 3,7%, con il 20% del traffico merci che transita da quel porto. Forse per questo il pur positivo dato del 1° trimestre (crescita PIL + 4,8%) non lascia spazio a grandi entusiasmi, mentre, invece, preoccupa quello relativo ai consumi, con le vendite al dettaglio in contrazione del 3,5%.
Ieri, con i mercati europei chiusi, Wall Street ha chiuso intorno alla parità (Dow Jones – 0,11%, Nasdaq + 0,13%), seppur dopo una seduta contrassegnata da una grande volatilità.
La mattinata asiatica si avvia ad una chiusura piuttosto contrastata: se il Nikkei di Tokyo appare “tonico” (+ 0,70%), non così è Shanghai (- 0,40%) ma, soprattutto, Hong Kong, che, sotto il peso della cattiva performance della tecnologia, cede il 2,41%.
Al momento futures a 2 velocità: bene quelli oltre oceano, in rialzo tra lo 0,30 e lo 0,75%, meno bene quelli europei, intorno alla parità (ma il nostro MIB in calo dello 0,25% circa).
Petrolio in assestamento, con il WTI a $ 107,31 (- 0,39%).
Gas naturale che si avvicina a $ 8 (7,789), seppur questa mattina sia in lieve calo.
Oro a $ 1.976, dopo che ha sfiorato i $ 2.000.
Spread che riapre a 160 bp, con il BTP intorno al 2,35%.
Treasury al 2,84%.
€/$ a 1.0784, con il $ sempre più forte.
“Riconquista” i $ 40.000 (40.756, + 4,51%) il bitcoin, dopo il forte calo di questi giorni.
Ps: la guerra ucraina, giustamente, catalizza le nostre attenzioni. Ma molte altre tragedie continuano ad abbattersi sul mondo. Forse una delle più terribili è quella che sta colpendo l’Afghanistan. Tutti ricordiamo le drammatiche immagini dell’agosto scorso, nei giorni dell’abbandono delle forze statunitensi dal Paese. Si calcola che oggi il 95% della popolazione sia alla fame, in condizione di povertà assoluta. Secondo le organizzazioni umanitarie, da inizio anno ben 13.000 neonati sono morti di stenti, senza cibo e/o medicine. Nel Paese manca praticamente tutto, con la disoccupazione dilagante, il sistema bancario praticamente al collasso e senza valuta pregiata. Il PIL oramai ha un valore praticamente nullo, ed è in continuo calo. Senza contare che l’80% del suo valore arrivava dagli aiuti internazionali. Insomma, forse per una volta la “sovranità” di un Paese sta portando danni ben maggiori al presidio delle forze inernazionali.